llms.txt: Cos’è e come funziona il “robots.txt” per i Large Language Models

SPOILER AI LLMS.TXT
llms.txt al momento è solo una proposta e non gode di uno status ufficiale presso i grandi player dell’AI.
Origine e proposta del file llms.txt
Con l’esplosione dei Large Language Models (LLM) come ChatGPT di OpenAI e Bard di Google, è emersa l’esigenza di regolare l’accesso ai contenuti web da parte di queste intelligenze artificiali. In questo contesto è stato proposto il file “llms.txt” – un concetto ispirato al classico robots.txt – con l’obiettivo di offrire ai proprietari di siti un modo chiaro per indicare come (e se) i propri contenuti dovrebbero essere utilizzati dai modelli AI. L’idea è nata attorno al 2023, quando diverse discussioni tra esperti di SEO e sviluppatori web hanno evidenziato il problema: le AI generative attingono massicciamente da contenuti online per addestrarsi e fornire risposte, spesso senza citare fonti o portare traffico di ritorno ai siti originali. Aziende e publisher hanno iniziato a chiedersi come poter controllare l’utilizzo dei propri dati da parte degli LLM – alcuni invocando addirittura compensi per l’uso dei contenuti – e da qui è scaturita la proposta di un file dedicato, llms.txt, che fungesse da segnale di permesso o divieto per i crawler delle AI.
In sintesi, llms.txt è stato concepito per colmare un vuoto normativo: mentre i motori di ricerca tradizionali hanno da decenni linee guida (come il protocollo Robots Exclusion Standard) per rispettare le preferenze dei siti web, i nuovi modelli linguistici operano in un territorio meno definito. Il file llms.txt mira dunque a fornire un metodo semplice e universale – posizionando un file di testo alla radice del sito – per comunicare agli algoritmi di AI cosa possono o non possono fare con i contenuti di quel dominio. L’obiettivo originale è duplice: proteggere i contenuti (impedendone l’uso indesiderato negli output delle AI o nei dataset di training) e/o favorire l’indicizzazione presso le AI (se un sito vuole assicurarsi di essere incluso e citato nelle risposte generate). Si tratta, in pratica, di una proposta di auto-regolamentazione emersa dalla comunità, in attesa di standard ufficiali o normative specifiche sul tema.
Differenze e analogie con il file robots.txt
Il parallelo più immediato per capire llms.txt è il file robots.txt. Entrambi sono file di testo posizionati nella root del sito (es. https://tuodominio.com/llms.txt
) e servono a comunicare istruzioni ai bot che visitano il sito. Tuttavia, ci sono differenze chiave nelle loro funzioni e nel contesto di utilizzo:
- Scopo e target: Il robots.txt, introdotto negli anni ’90, è pensato per i crawler dei motori di ricerca tradizionali (Googlebot, Bingbot, ecc.) e indica quali pagine o sezioni del sito possono essere indicizzate o devono essere escluse dall’indice dei motori di ricerca. Il file llms.txt invece sarebbe rivolto ai crawler delle intelligenze artificiali e agli LLM stessi, specificando quali contenuti possono essere riutilizzati per l’addestramento dei modelli o mostrati nelle risposte generate. In altre parole, robots.txt regola l’indicizzazione per i motori di ricerca, llms.txt vorrebbe regolare l’utilizzo dei contenuti da parte delle AI.
- Formato delle regole: In assenza di uno standard formale, si presume che llms.txt adotterebbe una sintassi simile a robots.txt (con direttive tipo
Allow
/Disallow
per determinati user-agent). Ad esempio, potrebbe elencare specificamente bot come “GPTBot” (il crawler di OpenAI) o “BardCrawler” (ipotetico) e permettere o negare l’accesso a certe directory del sito. Questa somiglianza renderebbe facile la comprensione per chi già usa robots.txt. La differenza sostanziale però è che llms.txt potrebbe includere direttive pensate per l’uso dei dati, non solo per la semplice scansione. Ad esempio, si potrebbe teorizzare un’opzione per vietare l’uso dei contenuti nel training di modelli AI, anche se accessibili per la lettura umana. - Implementazione e standardizzazione: Il file robots.txt è uno standard di fatto ampiamente riconosciuto dai motori di ricerca web. llms.txt, invece, al momento è solo una proposta e non gode di uno status ufficiale presso i grandi player dell’AI. Ciò significa che anche se un webmaster crea un llms.txt, non c’è garanzia che i modelli di OpenAI, Google o altri lo consulteranno. Questa è forse la differenza più importante: robots.txt è supportato attivamente (Google, ad esempio, aderisce rigorosamente a quanto indicato nel robots.txt di un sito), mentre llms.txt al momento è privo di un supporto formale.
In sintesi, analogamente a robots.txt, llms.txt si propone come uno strumento di comunicazione “macchina-leggibile” per dare istruzioni a una categoria specifica di crawler (quelli delle AI). Ma a differenza di robots, il cui linguaggio e ruolo sono consolidati, llms.txt è ancora in fase embrionale e il suo effettivo peso dipende dall’adozione volontaria da parte dei modelli di AI. Possiamo considerarlo un ipotetico “robots.txt per le AI”, con il potenziale di offrire un maggiore controllo, ma che richiede l’adesione dell’industria per diventare veramente efficace.
Lettura da parte dei principali modelli AI
Uno dei punti cruciali è capire se e come i maggiori modelli di AI leggono (o leggerebbero) il file llms.txt. Ad oggi, la realtà è che i comportamenti variano e, soprattutto, non esiste conferma che gli LLM tengano conto di llms.txt. Vediamo la situazione dei principali attori:
- OpenAI (ChatGPT e GPT-4): OpenAI ha introdotto a metà 2023 un proprio web crawler chiamato GPTBot, con lo scopo di raccogliere dati dal web da utilizzare per addestrare e migliorare i suoi modelli di linguaggio. Nella documentazione ufficiale, OpenAI ha dichiarato che i siti web possono escludere GPTBot tramite le consuete regole del robots.txt (ad esempio con una direttiva
User-agent: GPTBot
seguita daDisallow: /
). Non è stato menzionato alcun llms.txt nelle linee guida di OpenAI, il che suggerisce che la loro politica attuale è di affidarsi al protocollo robots.txt per rispettare la volontà dei webmaster. In pratica, se un sito vuole evitare di essere scansionato da OpenAI, deve usare il metodo tradizionale (inserendo GPTBot nel proprio robots.txt), dato che GPTBot è programmato per controllare quel file. Questo è stato confermato anche empiricamente: alcuni siti che hanno bloccato GPTBot via robots.txt sono poi risultati esclusi dalle citazioni di ChatGPT. Ad esempio, è stato osservato che ChatGPT-4 non cita i contenuti di cnet.com perché il sito li ha esplicitamente bloccati nel suo robots.txt, e similmente il chatbot Perplexity AI (un altro servizio basato su LLM) non cita everydayhealth.com per lo stesso motivosearchenginejournal.com. Ciò indica che questi modelli stanno già rispettando robots.txt, ma non ci sono evidenze che cerchino anche un eventuale llms.txt. - Google (Bard e Search Generative Experience): Google ha adottato un approccio differente. Il suo LLM conversazionale Bard attualmente attinge principalmente al knowledge graph di Google e ai risultati del motore di ricerca per fornire risposte. In pratica, non esiste un “BardBot” separato che scansiona il web indipendentemente; Bard utilizza l’indice di Google Search. Questo significa che, se un sito è indicizzato da Google (ovvero non bloccato nel robots.txt per Googlebot), i suoi contenuti possono teoricamente apparire nelle risposte AI di Google (ad esempio negli AI Overviews generati nelle SERP avanzate di Search Generative Experience). Google al momento non offre uno strumento di opt-out specifico per escludere i contenuti dalle elaborazioni AI, a parte il blocco totale della scansione da parte di Googlebot (che però toglierebbe il sito anche dai normali risultati di ricerca). In altre parole, chi vuole essere nei risultati organici di Google “deve accettare” che Google utilizzi quei dati anche nelle sue risposte AI. Un report di settore ha esplicitato chiaramente questa posizione: non c’è un meccanismo dedicato per sottrarsi agli AI Overviews di Google – se il tuo sito è accessibile al motore di ricerca, il suo contenuto può venire usato per l’addestramento dei modelli o mostrato nei risultati generativi. Google finora non ha riconosciuto alcuno standard llms.txt, e anzi un caso emblematico è la denuncia legale di Chegg nei confronti di Google, proprio per l’uso dei contenuti di Chegg nelle risposte AI senza un accordo esplicito. Nella denuncia, Chegg accusa Google di sfruttare la sua posizione dominante nella ricerca per forzare le aziende a fornire contenuti poi riutilizzati dall’AI generativa (e nei featured snippet). Questo contenzioso riflette la mancanza di strumenti come llms.txt: al momento, l’unica strada per un publisher scontento con Google è legale o estremamente drastica (uscire dall’indice di ricerca).
- Altri player (Microsoft, Meta, Anthropic, ecc.): Microsoft utilizza la tecnologia di OpenAI integrata in Bing (Bing Chat), e ha annunciato anch’essa un bot denominato Bing Chatbot User-Agent per la sua esperienza AI nelle SERP. È lecito supporre che Microsoft, come OpenAI, rispetti i consueti robots.txt per la versione bot di Bing Chat. Anche Anthropic (creatore di Claude) e altre startup AI possono impiegare crawler; Anthropic ad esempio ha un agent noto come ClaudeBot. Finora, nessuno di questi attori ha lanciato o annunciato il supporto a un file llms.txt specifico. Tuttavia, come evidenziato da analisi di log, alcuni webmaster hanno iniziato a individuare questi user-agent AI e possono decidere di gestirli (ancora una volta) via robots. Un’analisi condotta a settembre 2023 mostrava ad esempio che circa il 3% dei top 1000 siti bloccava il bot di Anthropic e circa il 6% bloccava l’user-agent “ChatGPT-User” (utilizzato dal plugin di navigazione di ChatGPT)【55†】. Questi numeri, seppur inferiori al blocco di GPTBot stesso, indicano che i siti stanno reagendo agli altri crawler AI noti, pur non disponendo di un file llms.txt centralizzato.
In conclusione, allo stato attuale i principali modelli AI non leggono il file llms.txt, perché non esiste una convenzione in merito. OpenAI e gli altri si attengono – quando decidono di farlo – alle regole di robots.txt e a eventuali accordi specifici. llms.txt rimane quindi un’idea sulla carta: per diventare operativa, i creatori dei modelli dovrebbero dichiarare esplicitamente di supportarla (ad esempio, facendone menzione nelle loro policy o documentazioni tecniche). Fino a quel momento, piazzare un file llms.txt sul proprio server può essere visto come un segnale di intenti o una richiesta, ma senza alcuna garanzia che venga considerato dai bot delle AI.
Posizioni e prese di posizione ufficiali (OpenAI, Google, altri)
Viste le implicazioni, ci si chiede: come hanno reagito ufficialmente OpenAI, Google e gli altri big tech alla proposta di llms.txt? Finora, le loro dichiarazioni e policy indicano un approccio prudente, se non scettico, verso nuovi standard di questo tipo:
- OpenAI: Non ha rilasciato comunicati specifici su llms.txt. Quando nell’agosto 2023 OpenAI ha introdotto GPTBot, contestualmente ha pubblicato linee guida su come i siti potessero escluderlo, facendo riferimento unicamente al protocollo robots.txt. La guida di OpenAI infatti menzionava di utilizzare direttive tipo
Disallow
nel robots.txt per l’user-agent GPTBot se non si voleva contribuire al training dei modelli. Questa può essere letta come una presa di posizione implicita: OpenAI sembra favorevole a usare strumenti esistenti (robots.txt) invece di nuovi file. In mancanza di un endorsement, il silenzio su llms.txt suggerisce che OpenAI non intende al momento implementare un parser per questo file sui propri crawler. A livello di dichiarazioni pubbliche, Sam Altman (CEO di OpenAI) e altri dirigenti hanno riconosciuto il tema del rispetto dei dati dei publisher, ma hanno parlato più di collaborazioni e di eventuali sistemi di revenue sharing futuri, piuttosto che di meccanismi di esclusione tecnica come llms.txt. - Google: Anche Google non ha menzionato llms.txt nelle sue comunicazioni ufficiali. Figure chiave del team Search (come John Mueller o Gary Illyes) interpellati sul tema hanno ribadito che Google già offre controlli di crawling (robots.txt, tag meta
noindex
) e che gli AI snippets sono fondamentalmente un’estensione della ricerca tradizionale. La posizione di Google è dunque che, al momento, non c’è uno strumento nuovo per distinguere la presenza nei risultati AI da quella nei risultati classici. Come evidenziato da Kevin Indig, chi vuole comparire nelle AI Overview di Google deve permettere l’accesso al proprio sito a Googlebot, altrimenti taglia fuori sia la ricerca sia l’AIsearchenginejournal.com. Google non ha segnalato interesse per un file separato; al contrario, sta investendo in iniziative come il progetto Google News Initiative o accordi con alcuni publisher per integrare contenuti nelle AI, il che indica un approccio basato su partnership più che su protocolli tecnici aperti. - Altri player: Microsoft per ora segue la scia di OpenAI (il suo Bing Chat utilizza GPT-4), quindi è probabile che rispetti robots.txt nello stesso modo. Non risultano commenti ufficiali di Microsoft sul tema llms.txt. Meta (Facebook) ha pubblicato a volte dataset per il suo modello LLaMA filtrati da contenuti “consensuali”, ma non ha proposto standard universali. Aziende come Stability AI (immagini) e comunità come LAION hanno introdotto tag come “noai” per le immagini, ma per il testo niente di paragonabile è stato adottato su larga scala. In generale, l’industria AI sembra attendere eventualmente indicazioni normative prima di adottare nuovi standard di esclusione. Anche organizzazioni di editori e media (ad es. negli USA o UE) hanno avviato discussioni: ad esempio, diversi giornali hanno aggiornato i propri termini di servizio per vietare l’uso dei contenuti da parte di AI senza permesso, spingendo per soluzioni legali più che tecniche.
Possiamo quindi dire che nessun big player ha (finora) abbracciato ufficialmente llms.txt. Anzi, le azioni intraprese suggeriscono una preferenza per gestire la questione tramite gli strumenti esistenti o accordi diretti. OpenAI invita a usare robots.txt per GPTBot; Google implicitamente “impone” di restare indicizzati per non essere esclusi dalle sue AI; gli altri osservano e seguono a ruota. llms.txt, in assenza di endorsement, rimane una proposta community-driven che non ha ancora trovato accoglienza nelle policy ufficiali delle grandi piattaforme AI.
Esempi pratici di implementazione di llms.txt (o alternative)
Sebbene il file llms.txt non sia uno standard riconosciuto, alcune aziende hanno comunque intrapreso azioni concrete per gestire la propria esposizione ai modelli di AI. Vediamo alcuni casi ed esempi pratici:
- Siti che hanno adottato misure “anti-LLM”: Diversi siti web di alto profilo, invece di utilizzare un ipotetico llms.txt, hanno scelto di bloccare direttamente i crawler AI noti tramite il robots.txt tradizionale. Uno studio condotto da Originality.ai ha rivelato che già entro poche settimane dal lancio di GPTBot, una percentuale significativa dei siti più popolari lo aveva bloccato. Ad agosto 2023 circa il 5-10% dei top 1000 siti aveva inserito GPTBot nel proprio robots.txt in modalità disallow, e il numero è cresciuto rapidamente. Entro fine settembre 2023, oltre il 25% dei top 1000 siti (e almeno 26 dei top 100 siti) bloccava GPTBot – tra cui nomi importanti come Pinterest, Indeed, TheGuardian, USA Today, WebMD, Washington Post, NPR e altri. Questo mostra come, in mancanza di llms.txt, i webmaster abbiano usato gli strumenti esistenti per manifestare il proprio dissenso all’utilizzo dei loro contenuti negli LLM. È interessante notare che molti di questi siti appartengono a settori news o content-heavy, particolarmente preoccupati della redistribuzione non autorizzata dei loro articoli da parte delle AI.
- Implementazioni “di fatto” di un llms.txt: Alcuni siti più piccoli o esperti di tecnologia hanno sperimentato autonomamente la creazione di un file llms.txt, anche solo come dichiarazione d’intenti. Ad esempio, potrebbe esserci chi ha inserito in llms.txt qualcosa come: makefileCopia
User-agent: GPTBot Disallow: /privato/
replicando quanto comunque indicato in robots.txt. In altri casi, aziende particolarmente aperte all’AI hanno pensato di fare opt-in, usando llms.txt per dire “benvenuti AI, potete usare i nostri dati”. Un esempio ipotetico: nomesito.com/llms.txt che elenca le API o i dataset che l’azienda vuole fornire ai modelli (un po’ sulla falsariga di un sitemap dedicato alle AI). Tuttavia, va ribadito, tali implementazioni non hanno efficacia se non c’è un agente AI che vada a leggere quel file. Dunque al momento questi llms.txt artigianali sono più che altro dichiarazioni pubbliche – simili al filehumans.txt
usato per curiosità su alcuni siti – ma senza un riscontro tecnico noto. - Blocchi selettivi e soluzioni custom: Alcuni siti hanno optato per soluzioni personalizzate: ad esempio, StackExchange (Stack Overflow) inizialmente ha bloccato ChatGPT dal consumare la sua API, e successivamente il suo dominio appare nell’elenco di quelli che negano GPTBot. Reddit ha annunciato che farà pagare l’accesso ai suoi dati (quindi non un llms.txt, ma una restrizione economica via API). In mancanza di standard condivisi, ogni grande piattaforma sta gestendo la faccenda a modo suo: c’è chi chiude completamente (come la maggioranza dei siti news citati sopra), e chi invece cerca vie di mezzo – ad esempio Foursquare aveva inizialmente bloccato GPTBot ma in seguito ha rimosso il blocco, forse nel tentativo di valutare benefici vs rischi.
- Termini di servizio aggiornati: Molte aziende stanno anche aggiornando i propri TOS (Terms of Service) per includere clausole sull’uso dei dati da parte di AI. Ad esempio, servizi come Twitter/X e Instagram hanno vietato lo scraping dei contenuti per addestrare algoritmi senza autorizzazione. Queste non sono misure tecniche immediate, ma creano un quadro legale: un llms.txt servirebbe a rinforzare tali divieti in modo automatizzato, ma nel frattempo i siti si tutelano sul piano legale, riservandosi il diritto di agire se scoprono violazioni.
Riassumendo, l’implementazione pratica di un file llms.txt standardizzato ancora non esiste, ma numerosi siti hanno trovato soluzioni alternative per perseguire gli stessi scopi: chiudere la porta ai crawler AI oppure, più raramente, dichiararsi disponibile a collaborare (magari tramite canali ufficiali). Questi esempi evidenziano sia l’urgenza percepita del problema, sia la frammentazione delle risposte in assenza di uno standard comune.
Pareri di esperti SEO internazionali
La comunità SEO e gli esperti di digitale hanno da subito iniziato a discutere di llms.txt e, più in generale, del rapporto tra siti web e AI generative. Ecco alcune opinioni e dichiarazioni di rilievo da parte di noti professionisti del settore:
- Kevin Indig (Consulente SEO) – Indig ha analizzato l’impatto delle AI sul traffico web e sottolinea che la visibilità di un brand nei chatbot AI dipende dal fatto che i contenuti del sito siano accessibili ai modelli. Egli nota che un errore tecnico (come bloccare involontariamente i crawler delle AI via robots o CDN) può sabotare la presenza nelle risposte generative. In uno dei suoi studi, Indig mostra ad esempio che siti con forte autorità SEO tradizionale talvolta non compaiono nelle citazioni di ChatGPT o Bing Chat proprio perché hanno impedito la scansione ai bot AI, magari senza rendersene conto. La sua raccomandazione implicita è di valutare attentamente prima di bloccare: se l’obiettivo è essere menzionati dagli LLM (che potrebbero generare un nuovo canale di traffico via riferimenti), bisogna assicurarsi che i modelli possano “vedere” il sito. Indig quindi, pur non esprimendosi direttamente su llms.txt, lascia intendere che la priorità per i SEO è farsi includere, più che escludersi, dalle AI – a meno di specifici motivi.
- Nikki Lam (Esperta di marketing digitale) – In un articolo su Search Engine Land, Nikki Lam ha definito “miope” la decisione delle aziende che bloccano GPTBot indiscriminatamente. Dal suo punto di vista, abbracciare (responsabilmente) i bot AI può portare più benefici che svantaggi, a patto di trovare un equilibrio. Lam riconosce le ragioni di chi blocca (mancanza di compenso, timori di sicurezza), ma sostiene che rinunciare completamente a far parte dell’ecosistema AI potrebbe costare opportunità di visibilità in futuro. In pratica, se ChatGPT e simili diventeranno strumenti sempre più usati dagli utenti per cercare informazioni, un brand totalmente assente da quelle conversazioni sarà tagliato fuori. Questo parere incoraggia i SEO a valutare pro e contro in ottica strategica: magari usare llms.txt (qualora adottato) per limitare solo certi usi o sezioni, invece di bloccare tutto. Lam suggerisce anche che le paure sulla sicurezza legate a GPTBot sono spesso infondate, dato che questi bot accedono solo a contenuti già pubblici sul web.
- Danny Goodwin (Direttore di Search Engine Land) – Goodwin ha osservato che molti SEO si chiedono “to block or not to block” ChatGPT e i suoi simili, proprio perché ChatGPT non cita né linka le fonti. Il suo commento evidenzia il conflitto alla base: i siti tradizionalmente concedono l’accesso ai motori di ricerca perché sanno di poter ottenere traffico in cambio (click sui risultati); con ChatGPT invece questo ritorno è meno diretto. Goodwin riporta che un numero crescente di siti sceglie di bloccare GPTBot in assenza di garanzie, sottolineando anche la questione della compensazione: molti publisher non vogliono cedere gratuitamente contenuti per arricchire modelli commerciali altrui. Dal punto di vista di Goodwin, il fenomeno del blocco di massa è una sorta di “sciopero digitale” che mette pressione su OpenAI e soci, ma ha anche implicazioni SEO. Il suo consiglio implicito è che i SEO debbano monitorare queste tendenze (ad es. quanti competitor stanno bloccando gli AI) e prendere decisioni informate, magari temporanee, in attesa di sviluppi. Goodwin di fatto fotografa lo stato d’animo: comunità divisa tra chi vede nelle AI una minaccia da arginare e chi invece un canale da ottimizzare.
- Altri esperti di rilievo: Molti altri nomi noti hanno espresso pareri sui social o in conferenze. Lily Ray (esperta di E-E-A-T e SEO) ha spesso discusso di come assicurare che i siti di qualità vengano riconosciuti dalle AI – il che s’intreccia col tema llms.txt, perché un file simile potrebbe essere usato anche per segnalare la qualità o provenienza dei dati. Rand Fishkin (fondatore di Moz) ha twittato sul fatto che i motori AI senza fonti tolgono traffico ai siti, e che i publisher potrebbero reagire non collaborando più senza remunerazione. Jono Alderson (specialista di SEO tecnico) ha evidenziato in varie sedi la necessità di standard aperti per l’AI, ipotizzando anche metatag o intestazioni HTTP per gestire i diritti sui contenuti AI – llms.txt rientra in questo discorso più ampio di “AI SEO”. In generale, gli esperti SEO di fama concordano sul bisogno di trovare un equilibrio: da un lato, proteggere i contenuti e i modelli di business dei siti; dall’altro, sfruttare le opportunità offerte dalle AI generative in termini di branding e nuove forme di ricerca. llms.txt per alcuni potrebbe essere parte della soluzione (per regolamentare l’accesso AI in modo granulare), ma molti sottolineano che senza adozione universale è inutile. C’è chi preferisce spingere per accordi commerciali (come nel settore news) o addirittura per normative statali, invece di affidarsi alla volontà delle aziende AI di aderire volontariamente a un nuovo “robots”.
In definitiva, il sentiment tra gli esperti è che la questione è complessa e ancora aperta. llms.txt viene riconosciuto come un tentativo interessante di dare potere ai publisher, ma da solo non risolve il problema del valore in cambio dell’uso dei contenuti. Alcuni guru SEO invitano alla prudenza (non bloccare tutto indiscriminatamente), altri alla fermezza (tutelare i propri asset digitali finché non ci saranno regole chiare). Questa pluralità di opinioni riflette l’attuale fase di transizione: SEO e aziende stanno cercando di capire come convivere con le AI generative, e strumenti come llms.txt sono parte di una discussione più ampia su SEO nell’era dell’AI.
Efficacia reale del file llms.txt ai fini dell’indicizzazione nei LLM
Alla luce di quanto detto, viene naturale domandarsi: il file llms.txt è davvero efficace per farsi indicizzare (o evitare di esserlo) dai Large Language Models? Allo stato attuale, l’efficacia di llms.txt è assai limitata, praticamente nulla in termini pratici, e va considerata più una misura potenziale che una soluzione attuale. Ecco i motivi principali:
- Mancanza di adozione da parte delle AI: come evidenziato, i principali LLM non consultano affatto questo file, perché non è uno standard implementato. Anche se un sito inserisse istruzioni dettagliate in llms.txt, un modello come GPT-4 o Bard oggi non andrebbe a leggerle. Di conseguenza, llms.txt non può garantire né l’inclusione né l’esclusione dai dataset AI. Ad esempio, se l’obiettivo di un’azienda è “farsi indicizzare” da ChatGPT (cioè far sì che ChatGPT conosca i propri contenuti), mettere un allow in llms.txt non cambierebbe nulla: occorre piuttosto assicurarsi che i contenuti siano accessibili attraverso le vie che ChatGPT utilizza (il web crawling via GPTBot e l’indice Bing, nel caso di ChatGPT con browsing). Viceversa, se l’obiettivo è non comparire nelle risposte AI, scriverlo in llms.txt non darà alcuna protezione effettiva – meglio bloccare i crawler noti via robots.txt o altri metodi.
- Dipendenza dall’implementazione volontaria: llms.txt sarebbe efficace solo se i creatori dei modelli decidessero di rispettarlo. Questo richiede un consenso nell’industria (cosa non semplice) o una spinta normativa. Finché ciò non avviene, llms.txt è lettera morta. Possiamo paragonarlo a un cartello di “proprietà privata” in un territorio senza legge: serve solo se tutti concordano di rispettarlo. Al momento, l’unico “linguaggio” compreso dalle AI è il robots.txt e, indirettamente, la presenza/assenza dall’indice dei motori di ricerca. Google trae i dati dall’indice (quindi se sei su Google, sei anche nelle AI Google), OpenAI trae da web crawl (quindi guarda robots.txt). llms.txt non rientra nel loop. Pertanto, la sua efficacia è teorica: in futuro, se OpenAI/Google/Meta annunciassero supporto, allora diventerebbe subito rilevante; oggi no.
- Nessun impatto sull’indicizzazione tradizionale: va chiarito che llms.txt non influenza in alcun modo la SEO tradizionale sui motori di ricerca. Un file llms.txt lasciato sul server non viene preso in considerazione da Google Search o Bing Search per il ranking o l’indicizzazione classica. Dunque non c’è nessun “effetto collaterale positivo” lato SEO classica che ne giustifichi l’adozione immediata. Al contrario, un’errata percezione potrebbe indurre alcuni a trascurare il robots.txt vero e proprio pensando che llms.txt basti: questo sarebbe un grosso errore. Ad esempio, se un webmaster inserisse in llms.txt “Disallow: /” per GPTBot ma dimenticasse di metterlo nel robots.txt, GPTBot (che non legge llms.txt) scansionerebbe comunque il sito. Quindi l’efficacia protettiva è zero se non si usano comunque i canali classici.
- Contesto attuale: AI che citano raramente le fonti – Un’altra chiave di lettura: “indicizzazione nei LLM” non è come l’indicizzazione sui motori. Anche se un LLM “conosce” il contenuto di un sito, spesso non lo riporta testualmente né fornisce un link. Ad esempio, ChatGPT e Bard possono aver appreso nozioni dal tuo sito, ma quando rispondono a un utente potrebbero non menzionare affatto la tua pagina come fonte. Quindi essere indicizzati da un LLM non equivale ad avere traffico. L’efficacia quindi andrebbe valutata in termini di visibilità o benefici concreti. Oggi, comparire in un AI spesso significa al massimo essere citati nella risposta (come fa Bing Chat con i riferimenti, o Google SGE con i link alle fonti). In quei casi, ciò dipende da fattori algoritmici interni (reputazione del dominio, qualità del contenuto, pertinenza), non certo dall’avere o meno un llms.txt. Uno studio ha mostrato che la popolarità del brand e la presenza già forte nei risultati organici tradizionali sono correlati a maggiori menzioni nelle risposte AI. Questo suggerisce che, per ora, migliorare la SEO classica e il brand awareness è più efficace per farsi “indicizzare” dalle AI che non inserire un file llms.txt.
- Possibili futuri sviluppi: Va detto che l’efficacia di llms.txt potrebbe cambiare rapidamente se uno o più big decidessero di adottarlo. Basterebbe un annuncio di OpenAI o Google del tipo “i nostri crawler ora controlleranno anche il file llms.txt” per mutare lo scenario. In tal caso, diventerebbe immediatamente un importante strumento SEO/AI. Al momento però, non ci sono segnali concreti in tal senso. Le aziende tech stanno probabilmente valutando internamente l’idea (anche per evitare tensioni con governi o editori), ma nulla di ufficiale trapela.
In conclusione, ad oggi llms.txt non offre alcuna efficacia tangibile per l’indicizzazione nei LLM, né in positivo (farsi includere) né in negativo (escludersi). Tutto dipende ancora dai canali tradizionali (robots.txt, accordi diretti, cause legali, ecc.). Per i SEO e le aziende, questo significa che il lavoro per essere visibili alle AI deve concentrarsi su altri fronti: assicurarsi che i contenuti siano accessibili e di qualità, e utilizzare gli strumenti esistenti per controllare l’accesso (quando necessario). llms.txt resta un’interessante proposta sulla carta, che però ha bisogno di essere accolta dai destinatari (le AI) per avere efficacia reale. Fino ad allora, va considerata inefficace ai fini pratici.
Critiche, limiti e fraintendimenti comuni
Come ogni soluzione proposta, anche llms.txt è accompagnato da alcune critiche e possibili malintesi. Comprenderli è fondamentale per evitare di adottare strategie inefficaci o di avere false aspettative. Esaminiamo i principali punti critici e i fraintendimenti da chiarire:
- Standard non ufficiale (ancora): Il limite più evidente – già ribadito – è che llms.txt non è uno standard riconosciuto. Ciò significa che investire tempo nell’implementarlo potrebbe risultare inutile se poi nessuna AI lo considera. Alcuni critici sottolineano che affidarsi alla “buona volontà” delle aziende AI di onorare un nuovo file è ingenuo. Se perfino il protocollo Robots.txt, pur storico, è volontario (legalmente i bot potrebbero ignorarlo, anche se quasi tutti lo rispettano), figuriamoci un file nuovo nato dal basso. In sostanza, llms.txt manca di forza contrattuale: senza un accordo esplicito o una legge che ne imponga l’uso, rimane una richiesta che i bot possono bellamente ignorare. Questo punto viene spesso frainteso: alcuni pensano che basti creare il file perché “per magia” ChatGPT smetta di usare i tuoi dati; purtroppo non è così, a meno che OpenAI non lo voglia.
- Falso senso di sicurezza: collegato al punto sopra, c’è il rischio che un webmaster posizioni un llms.txt e poi creda di essere a posto – mentre invece le AI continuano a utilizzare i suoi contenuti. Questo falso senso di sicurezza può essere dannoso. Ad esempio, un’azienda potrebbe inserire in llms.txt “vietato usare i miei testi nelle AI” e poi condividere comunque informazioni sensibili sul sito pensando di averle protette: in realtà nessuna AI mainstream leggerebbe quel divieto. Le critiche dunque avvisano: non affidarti a llms.txt per proteggere dati riservati o per bloccare davvero le AI. Per contenuti realmente sensibili, la soluzione è non pubblicarli affatto online o metterli dietro autenticazione.
- Parziale o ambiguo: Anche se venisse adottato, llms.txt potrebbe presentare ambiguità di interpretazione. Ad esempio, cosa significa esattamente “Allow” o “Disallow” per un LLM? Nel caso di robots.txt, “Disallow” impedisce di indicizzare una pagina, ma l’AI potrebbe comunque leggerla e imparare dal contenuto senza indicizzarla come risultato. Serve quindi chiarezza: llms.txt dovrebbe specificare se il divieto riguarda la lettura per training, la citazione nelle risposte, o entrambe. Senza regole chiare, potrebbe nascere confusione – es. un modello potrebbe decidere di non citare testualmente un sito disallowed, ma di utilizzare comunque i concetti appresi in forma parafrasata. Questo limite concettuale è stato evidenziato da alcuni esperti legali: anche se un AI rispetta llms.txt e non “scrapa” i tuoi dati, se li ha già visti tramite altre fonti (es. Common Crawl, prima che tu inserissi il divieto) potrebbe continuare a utilizzarli. Il confine tra dato indicizzato e dato assimilato dalle AI è sfumato.
- Fraintendimento sul termine “indicizzazione”: Molti non addetti ai lavori pensano all’indicizzazione AI come fosse quella sui motori di ricerca. In realtà, come già detto, i LLM non indicizzano pagina per pagina con link, ma “assorbono” informazioni. Dunque un file llms.txt non servirebbe a migliorare un posizionamento (non c’è una “pagina 1 di ChatGPT”). Il fraintendimento qui è aspettarsi che usando llms.txt un sito possa scalare una sorta di ranking nelle risposte AI. In verità, l’inclusione o meno dei tuoi contenuti dipende da se sono nel dataset di training e, in real-time, da se appaiono tra i risultati di ricerca (per quei modelli che fanno ricerca live). Quindi llms.txt non è una bacchetta magica SEO per le AI – e va comunicato chiaramente per non generare mito.
- Possibile complessità e adesione frammentata: Un altro limite ipotizzato è che, anche qualora llms.txt prenda piede, potrebbe non essere adottato uniformemente da tutti. Magari OpenAI decide di aderire, ma un concorrente minore no; oppure alcuni potrebbero implementare direttive proprie estendendo il formato (un po’ come i diversi interpreti di robots.txt gestiscono in modo eterogeneo certe sintassi avanzate). Ciò significherebbe per i webmaster doversi districare in differenti “dialetti” di llms.txt a seconda del modello target. Questo scenario sarebbe caotico. È un rischio evidenziato da chi sostiene che servirebbe piuttosto un ente super partes (es. W3C o simili) a definire lo standard e farlo adottare congiuntamente. Fino ad allora, llms.txt rischia di rimanere un concetto vago dove ognuno lo implementerebbe a modo suo.
- Critiche di approccio: Alcuni detrattori di llms.txt sostengono che sia troppo incentrato sul “vietare” e non sul “collaborare”. Invece di aggiungere un altro muro (dopo paywall, robots, ecc.), credono che sarebbe meglio creare un sistema in cui i publisher possano fornire dati alle AI in modo controllato e magari remunerato. In quest’ottica, llms.txt è visto come una pezza temporanea che non risolve il modello di business: anche se blocchi l’AI oggi, non guadagni nulla; se la permetti, dai via gratis i contenuti. Servirebbero quindi soluzioni diverse, come watermark nei testi per tracciare l’uso, accordi di licenza, o piattaforme dove le AI attingono solo da fonti opt-in che vengono compensate. llms.txt non indirizza questo nodo, perciò viene giudicato da alcuni come potenzialmente inutile a lungo termine.
Riassumendo le critiche: llms.txt è acerbo e, se frainteso, può illudere i meno esperti. I suoi limiti strutturali (non è standard, non è vincolante) e concettuali (indicizzazione AI diversa dalla SEO tradizionale) lo rendono, per ora, più discusso che praticato. È importante che le aziende capiscano che llms.txt non va inteso come “evoluzione del SEO” già funzionante, bensì come un’idea in divenire, da trattare con cautela. Molti esperti suggeriscono di concentrarsi su ciò che si può fare subito con gli strumenti esistenti, senza aspettative miracolose verso llms.txt, almeno fino a evoluzioni future.
Raccomandazioni pratiche per le aziende sull’uso consapevole di llms.txt
Dato lo scenario attuale, quali consigli pratici si possono dare alle aziende che vogliono gestire al meglio la propria esposizione ai Large Language Models? Ecco alcune raccomandazioni per un uso consapevole (o un approccio alternativo) a llms.txt e strumenti affini:
- Continuare a gestire i crawler con gli strumenti attuali: In attesa che llms.txt diventi uno standard riconosciuto, affidatevi al buon vecchio robots.txt per controllare l’accesso dei bot AI noti. Ad esempio, se decidete di bloccare GPTBot, assicuratevi di aggiungerlo nel vostro robots.txt (come molti siti hanno fatto). Analogamente, potete bloccare altri user-agent specifici (es.
ChatGPT-User
oClaudeBot
) se li individuate nei log. Monitorate le linee guida ufficiali: OpenAI elenca il suo user-agent GPTBot e rispetterà quel blocco, quindi usatelo a vostro vantaggio. In breve: non aspettate llms.txt per vietare ai bot AI ciò che già oggi potete vietare con i metodi esistenti. - Valutare strategicamente cosa bloccare e cosa no: Non tutte le aziende hanno gli stessi obiettivi. Fate un audit dei vostri contenuti e decidete se volete che siano presenti nelle risposte AI oppure no. Ad esempio, un sito di news potrebbe non trarre beneficio dall’essere riassunto da un’AI senza click di ritorno, mentre un sito di e-commerce potrebbe volere che i suoi prodotti siano menzionati da un assistente AI. In base a questo, regolatevi: potete scegliere di lasciare libero accesso agli LLM ai contenuti “di servizio” o promozionali, e magari limitare quelli premium o che non volete diffondere senza contesto. Se un domani llms.txt sarà supportato, potrete esprimere queste preferenze più granularmente; intanto, potete simulare l’effetto usando combinazioni di robots.txt, meta tag e limitazioni API. La chiave è avere una policy interna chiara su cosa condividere con le AI.
- Se create un llms.txt, fatelo in modo informato: Alcune aziende potrebbero comunque voler implementare un llms.txt sin da ora, sia per sperimentare sia per “dare un segnale” all’esterno (per esempio, mostrando trasparenza sulle proprie intenzioni riguardo alle AI). Se decidete di farlo, tenete presente che non sostituisce robots.txt. Dovreste quindi replicare le regole importanti anche nel robots.txt. Potete usare llms.txt per aggiungere note o istruzioni più dettagliate rivolte alle AI (sapendo che attualmente fungono più da manifesto che da regola effettiva). Assicuratevi di mantenerlo aggiornato e coerente con le altre direttive del sito, per evitare contraddizioni. Inoltre, se siete interessati a promuovere lo standard, considerate di unirvi a conversazioni di settore o gruppi di lavoro che spingono per la standardizzazione di llms.txt – la vostra implementazione farà più rumore se condivisa con la community.
- Monitorare i log e l’attività dei bot AI: Uno step pratico fondamentale è tenere d’occhio chi visita il vostro sito. Analizzate i log del server alla ricerca di user-agent di noti LLM (GPTBot, Bing Chat, etc.). Questo vi darà un’idea di quanto spesso e in che modo le AI stanno scansionando i vostri contenuti. Ad esempio, potreste scoprire che GPTBot accede a certe sezioni a un certo ritmo. Con queste informazioni potete tarare meglio le vostre decisioni: se notate che parti critiche del sito vengono lette spesso da bot AI, e non lo desiderate, intervenite con un blocco; se invece non avete quasi tracce di crawler AI, forse il vostro sito non è ancora nel radar e potete attendere prima di prendere misure drastiche. Monitorare è la premessa per gestire con cognizione.
- Focus sulle fondamenta SEO e qualità dei contenuti: Può sembrare un consiglio generico, ma nell’era delle AI è più valido che mai: curate la qualità del vostro sito. I modelli AI tendono a privilegiare – quando citano o generano contenuti – fonti autorevoli e chiare. Ad esempio, Google Bard e altri daranno più peso a contenuti ben strutturati e da domini affidabili. Dunque, continuate a seguire le best practice SEO (struttura, E-E-A-T, contenuti utili) perché questo aumenta la probabilità che il vostro sito sia scelto come fonte attendibile dalle AI che integrano i risultati di ricerca. In altri termini, una buona SEO tradizionale è anche una buona “SEO per AI”. llms.txt non è una scorciatoia per bypassare l’importanza di avere contenuti di valore.
- Aggiornare sitemaps e utilizzare strumenti di indicizzazione rapida: Se desiderate essere presenti con informazioni sempre aggiornate nelle risposte AI (pensiamo a orari, prezzi, dati che cambiano spesso), dovete fare in modo che i motori indicizzino rapidamente i vostri aggiornamenti. Usate sitemap aggiornate frequentemente e strumenti come IndexNow (supportato da Bing) per notificare subito le modifiche. Questo aumenta la freschezza dei dati che poi le AI potrebbero attingere. Ad esempio, Bing Chat potrebbe fornire una risposta basata su un tuo articolo recentissimo solo se Bing lo ha indicizzato; inviando immediatamente l’URL aggiornato tramite API o ping, riduci il tempo di latenza. Anche se non è una garanzia di utilizzo da parte dell’AI, migliora le chance di avere contenuti rilevanti prontamente disponibili.
- Educare il proprio team e il management: Spiega all’interno della tua organizzazione cosa realmente significa llms.txt e quali sono le sue attuali limitazioni. È importante che i decision maker non pensino che esista già una “bacchetta magica” per controllare le AI. Allo stesso tempo, prepara scenari per il futuro: ad esempio, predisponi bozze di llms.txt con diverse configurazioni (dal tutto aperto al tutto chiuso) così da essere pronti a implementarle rapidamente se lo standard prenderà piede. Avere una policy scritta su come l’azienda intende gestire i propri dati verso le AI è utile anche per comunicazione esterna (agli utenti, partner, stampa). Trasparenza e consapevolezza in questo campo aumentano la fiducia e mostrano che state affrontando proattivamente il tema.
- Segui gli aggiornamenti normativi e di settore: Il panorama potrebbe evolvere anche sul fronte legale. L’Unione Europea, con l’AI Act in discussione, potrebbe introdurre obblighi per le AI di rispettare certi flag di opt-out dei dati. Negli USA, pressioni da editori e sviluppatori potrebbero portare a dei framework di autoregolamentazione. Resta informato tramite fonti ufficiali e community SEO sulle novità relative a llms.txt o analoghi. Se una grande piattaforma annuncia il supporto, agisci subito per implementare le tue preferenze. Iscriviti a newsletter di settore, webinar e gruppi (come quelli promossi da Search Engine Journal o Land sull’AI) per condividere esperienze. La collaborazione tra webmaster potrebbe far emergere best practice temporanee – ad esempio, se molti iniziano a mettere un certo formato di llms.txt e notano reazioni, lo sapremo solo condividendo le informazioni.
- Adotta un approccio flessibile e sperimentale: Infine, preparati a sperimentare. L’ecosistema AI è in rapido movimento; ciò che vale oggi potrebbe cambiare in pochi mesi. Non avere paura di fare test controllati: ad esempio, potresti decidere di bloccare i bot AI per 1-2 mesi e poi sbloccarli, monitorando eventuali differenze nel traffico (diretto o indiretto) o nelle citazioni del tuo brand online. Oppure viceversa, se finora hai bloccato tutto, potresti provare a consentire l’accesso e vedere se noti menzioni positive. Misura anche l’eventuale impatto reputazionale: alcuni brand hanno annunciato orgogliosamente di aver bloccato ChatGPT per tutelare gli utenti, altri si vantano di essere all’avanguardia nell’usare l’AI – decidi quale messaggio vuoi dare e allinealo con le tue azioni tecniche. In poche parole: rimani flessibile. Preparati a modificare il tuo file llms.txt (se e quando servirà) e la tua strategia man mano che emergono nuove informazioni su cosa funziona meglio.
In definitiva, la raccomandazione principale è usare il buon senso e dati concreti per guidare le tue decisioni. llms.txt di per sé non è ancora la soluzione, ma fa parte di un arsenale più grande di cui disponi per dialogare (o imporre silenzio) con le AI. Essere proattivi, informati e adattabili garantirà che la tua azienda sfrutti le opportunità delle AI minimizzandone i rischi, in modo consapevole e strategico.
Conclusione
Il file llms.txt rappresenta una delle possibili risposte alla crescente intersezione tra il mondo della SEO e quello delle intelligenze artificiali generative. Nato per dare ai publisher un controllo simile a quello offerto da robots.txt, esso incarna la volontà di stabilire regole del gioco chiare con i grandi modelli linguistici. Abbiamo visto come sia sorto dal timore (fondato) di molti siti di veder sfruttati i propri contenuti senza riconoscimento né traffico di ritorno, e come punti a rimediare a questo squilibrio indicando agli LLM cosa fare o non fare. L’idea è semplice e affascinante: un file di testo universale che dica alle AI “questo lo puoi usare, questo no”.
Tuttavia, dall’analisi dettagliata emerge che siamo ancora lontani dalla piena realizzazione di questa visione. llms.txt, allo stato attuale, è più una proposta teorica che uno strumento realmente in uso. I principali attori – OpenAI, Google, Microsoft – non l’hanno (ancora) adottato, preferendo altre vie o mantenendo lo status quo. La comunità SEO si interroga, sperimenta soluzioni alternative e attende segnali più definiti. Nel frattempo, molte aziende hanno scelto di agire con gli strumenti a disposizione: chiudendo la porta ai bot indesiderati via robots.txt, oppure cercando di collaborare con le piattaforme AI attraverso accordi e dialogo.
llms.txt si colloca dunque in una zona grigia, tra aspirazione e realtà. Da un lato, incarna la necessità di nuove regole per un nuovo paradigma (la ricerca conversazionale e l’AI content delivery); dall’altro, la sua efficacia dipende interamente dall’ecosistema – un ecosistema che finora non ha espresso un consenso. Le critiche e i limiti che abbiamo discusso ci mettono in guardia dall’adottare soluzioni semplicistiche: la gestione dei contenuti nell’era AI richiede un mix di accortezze tecniche, strategia e, talvolta, azioni legali o commerciali, più che una singola riga in un file di testo.
Per le aziende e i professionisti che devono prendere decisioni oggi, il consiglio è di mantenere un approccio equilibrato e informato. Non ignorare il fenomeno AI – perché sta già influenzando il modo in cui le informazioni vengono distribuite e consumate – ma nemmeno farsi prendere dal panico o dall’entusiasmo per soluzioni non provate. Continua a fare ciò che funziona in ambito SEO (contenuti di qualità, site hygiene, monitoraggio) e, parallelamente, prepara il terreno per gli sviluppi futuri: se e quando llms.txt o strumenti simili diventeranno operativi, avrai già la conoscenza e i processi per implementarli al meglio.
In conclusione, llms.txt è un tassello di un puzzle più ampio. Oggi serve più come spunto di discussione e sensibilizzazione sul rapporto tra chi crea contenuti e chi li rielabora con l’AI. Domani, chissà, potrebbe diventare uno standard come lo è il robots.txt. Fino ad allora, segui da vicino l’evoluzione di questa tematica: leggendo fonti autorevoli, testando con prudenza e condividendo le tue esperienze. La SEO nell’era dei Large Language Models è un terreno nuovo per tutti – insieme, community, piattaforme e publisher, ne definiremo le regole. E chissà che proprio il dibattito attorno a llms.txt non sia il punto di partenza per un web dove uomini e AI convivano con rispetto reciproco delle proprie “regole di ingaggio”. In attesa di certezze, rimaniamo flessibili e consapevoli, pronti a adottare strumenti come llms.txt se e quando diverranno la chiave per ottimizzare la visibilità (e la tutela) dei nostri contenuti nell’era dell’intelligenza artificiale.
P.S. se te lo stai chiedendo anche noi di mamagari.it stiamo testando llms.txt attraverso un plugin creato da noi che si aggiorna in automatico con i contenuti e che possiamo modificare come se fosse un plugin Yoast SEO. Vediamo cosa ne risulta.
Fonti:
- Search Engine Land – “26% of the top 100 websites are now blocking GPTBot” di D. Goodwinsearchengineland.comsearchengineland.com
- Search Engine Land – “3 reasons not to block GPTBot from crawling your site” di N. Lamsearchengineland.comsearchengineland.com
- Search Engine Journal – “What Content Works Well In LLMs?” di K. Indigsearchenginejournal.comsearchenginejournal.com
- Growth Memo (Kevin Indig) – “CheggMate”growth-memo.com (caso Chegg vs Google)
- Search Engine Land – “Answer engine optimization: 6 AI models you should optimize for” di B. Claysearchengineland.com
- Search Engine Land – “3 ways to optimize for AI search bots” di T. Resniksearchengineland.comsearchengineland.com
- Search Engine Land – copertura vari articoli sezione AIO (Artificial Intelligence Optimization)searchengineland.com